TESTAMENTO PUBBLICO, OLOGRAFO E NUNCUPATIVO. PROFILI DI CONVALIDA DI UN TESTAMENTO NULLO.

Molte persone avvertono la necessità di redigere disposizioni testamentarie per garantire una determinata destinazione del patrimonio per il tempo successivo alla propria morte, evitando così che l’eredità sia devoluta secondo la legge.
L’intento è chiaro e le modalità di esecuzione non particolarmente complesse: di solito si ritiene sufficiente approntare in un foglio le proprie volontà, senza preoccuparsi del rispetto delle regole formali e sostanziali che presiedono la stesura del testamento e che costituiscono condizione indispensabile per la sua validità. Il rischio, in caso di noncuranza di tali formalità, è l’applicabilità della sanzione della nullità all’atto, così come previsto dall’art. 606 c.c.
Esamineremo in questa sede quali siano le forme di testamento previste dal nostro ordinamento, per poi analizzare nello specifico i relativi presupposti formali e sostanziali e, tralasciando le forme di testamento segreto e speciale, ci soffermeremo sui principali modi di estrinsecazione delle proprie volontà rappresentati dal testamento pubblico redatto da un Notaio e da quello olografo.
Il testamento pubblico è disciplinato dall’art. 603 c.c. e rappresenta l’unica forma potenzialmente inoppugnabile. Questo vantaggio gli è attribuito dal legislatore alla luce delle rigide formalità che devono essere rispettate per la validità e la stesura dell’atto stesso: innanzitutto indispensabile è la presenza di due testimoni ed un Notaio che certifichi la volontà del testatore ed attribuisca alle disposizioni testamentarie valenza e forza di atto pubblico. L’intero atto sarà scritto per mano del Pubblico Ufficiale rogante, per poi essere letto in ogni sua parte al disponente ed ai testimoni ed infine sottoscritto dal Notaio insieme ai due testimoni presenti. In questo modo il testamento acquisterà la forza dell’atto pubblico con gli effetti di cui all’art. 2700 c.c., costituendo “piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”.
La seconda forma, forse la più comune, è rappresentata dal testamento cosiddetto olografo che, come fa presumere il nome stesso, deve essere scritto interamente (dalla data, al contenuto, alla sottoscrizione) dal testatore: ciò al fine di poter accertare la conformità dell’intero testo e la sua riconducibilità ad un’unica libera volontà, quella del testatore.
L’art. 602 del Codice Civile testualmente afferma:
“Il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore.
La sottoscrizione deve essere posta alla fine delle disposizioni. Se anche non è fatta indicando nome e cognome, è tuttavia valida quando designa con certezza la persona del testatore.
La data deve contenere l’indicazione del giorno, mese e anno. La prova della non verità della data è ammessa soltanto quando si tratta di giudicare della capacità del testatore della priorità di data tra più testamenti o di altra questione da decidersi in base al tempo del testamento.”
Con la dicitura “scritto […] di mano del testatore” il legislatore ha inteso garantire uniformità alle disposizioni testamentarie, in modo da rendere più agevole il riconoscimento della titolarità delle stesse. A tal fine, si precisa, non è ammessa la scrittura in stampatello, così come la scrittura con mezzi meccanici o ad opera di un terzo: ergo, il testamento andrà redatto interamente in corsivo, dalla prima all’ultima lettera, a pena di nullità per il mancato rispetto delle formalità espressamente previste dalla legge.
Se dunque, da un lato, il legislatore ha voluto rendere improduttivo di effetti, tamquam non esset, il testamento concluso irregolarmente, dall’altro, all’art. 590 c.c. ha espressamente previsto la possibilità di confermare o dare volontariamente esecuzione a disposizioni testamentarie nulle. Testualmente la norma richiamata afferma che “la nullità della disposizione testamentaria, da qualunque causa dipenda, non può essere fatta valere da chi, conoscendo la causa della nullità, ha, dopo la morte del testatore, confermato la disposizione o dato ad essa volontaria esecuzione”.
Una simile previsione, apparentemente in contrasto con quanto disposto dall’art. 606 c.c. succitato, trova la propria ragione giustificativa nell’esigenza di mantenere in vita e rendere produttivo di effetti un atto nullo, altrimenti non sanabile. In realtà, più che una sanatoria delle disposizioni nulle, la fattispecie in esame impedisce l’esercizio dell’azione giudiziaria da parti di chi abbia dato volontaria esecuzione alle stesse (convalida tacita) o le abbia confermate espressamente, in forma orale o scritta e certificata da un notaio. La convalida dell’atto risulta dunque quale effetto indiretto rispetto all’impossibilità di esperire l’azione giudiziaria volta a far dichiarare la nullità.
A ciò deve tuttavia aggiungersi una precisazione di non poco conto. In caso di pluralità di eredi e/o legittimari possono verificarsi due ipotesi, con conseguenze quantomeno divergenti.
Nel caso in cui manifestino tutti la volontà di dare esecuzione al testamento nullo, nulla quaestio: per nessuno dei chiamati all’eredità sarà possibile esperire l’azione giudiziaria e l’atto s’intenderà definitivamente sanato.
Nella più ostica ipotesi, in cui solo alcuni degli eredi e/o legittimari abbiano inteso porre in essere il meccanismo di cui all’art. 590 c.c. la preclusione varrà soltanto per questi e non anche per gli altri eredi e/o legittimari che potranno, senza limiti di tempo, agire per ottenere la dichiarazione di nullità del testamento con effetti ex tunc.
È bene sottolineare che l’applicabilità della convalida di cui all’art. 590 c.c., pur nominando solo i casi di nullità, sia da interpretare in modo estensivo facendovi rientrare anche le ipotesi di annullabilità del testamento: quest’ultima ipotesi, tuttavia, è sottoposta al rigido rispetto del termine di prescrizione di cinque anni, generalmente previsto per tutti i casi di annullabilità, a differenza dell’ipotesi di nullità, rilevabili senza limiti temporali.
Esistono tuttavia casi specifici per i quali l’istituto della convalida risulta inapplicabile, tra i quali si menzionano, a titolo esemplificativo, le disposizioni lesive della legittima e il caso di sottoscrizione apocrifa, ovvero non autentica.
Nel primo caso, la Corte di Cassazione, con sentenza del 05.01.2018, n. 168, ha dichiarato che “La conferma delle disposizioni testamentarie o la volontaria esecuzione di esse non opera rispetto a quelle lesive della legittima, in quanto gli effetti consolidativi di cui all’art. 590 c.c. si riferiscono alle sole disposizioni nulle: ne deriva che in dette ipotesi non è preclusa al legittimario l’azione di riduzione, salvo che egli non abbia manifestato in modo non equivoco la volontà di rinunciare a far valere la lesione mediante un comportamento concludente incompatibile con la stessa”.
Con riferimento invece all’ipotesi di sottoscrizione apocrifa, la Suprema Corte, con sentenza n.10065/220, ha precisato il divieto per cui “L’art. 590 c.c., nel prevedere la possibilità di conferma od esecuzione di una disposizione testamentaria nulla da parte degli eredi, presuppone, per la sua operatività, l’oggettiva esistenza di una disposizione testamentaria che sia frutto della volontà del de cuius, sicché detta norma non trova applicazione nell’ipotesi di accertata sottoscrizione apocrifa del testamento, la quale esclude in radica la riconducibilità di essa al testatore”.
Merita altresì menzione il caso di testamento nuncupativo, ossia espresso in forma orale e riportato, pertanto, dalle sole dichiarazioni degli eredi e/o legittimari. Si tratta di un istituto non disciplinato dal nostro ordinamento e che ha dato origini ad annose discussioni, tutt’ora non sopite. Sul punto la Corte di Cassazione, con sentenza del 6313/1996, ha stabilito che non è in discussione l’ammissibilità della conferma del testamento nuncupativo, purché sia giudizialmente accertata la sussistenza della volontà del testatore e la validità della causa sottostante. Pertanto, non commette illecito disciplinare ai sensi dell’art. 28 L. 16 febbraio 1913 n. 89, il Notaio che riceva conferma ex art. 590 c.c. dai legittimari del de cuius di testamento verbale reso da quest’ultimo, dopo aver preliminarmente raccolto le dichiarazioni dei primi in ordine a:
– l’inesistenza di una scheda testamentaria;
– la ripetuta e dettagliata volontà espressa dal defunto sulla destinazione dei propri beni;
– la devoluzione dell’eredità a ciascuno degli intervenuti.
La conferma dell’atto nullo, infatti, non presuppone necessariamente un’attività di accertamento giudiziale in ordine all’inesistenza di un formale testamento ed alla nullità inficiante l’atto che si vuole confermare, né può ritenersi invasiva della sfera di attribuzione dell’autorità giudiziaria l’attività del Notaio consistente nella mera raccolta delle dichiarazioni sopra indicate. In questo senso si è espresso anche il Tribunale di Napoli con sentenza del 30.6.2009.
Giova evidenziare come siano diametralmente opposte l’interpretazione e la qualificazione giuridica approntate dalla Corte d’Appello di Brescia, sentenza del 20.7.1995, per la quale il Notaio che riceva la conferma di testamento nuncupativo viola l’art. 28 L. 16 febbraio 1913 n. 89 in quanto “tale attività cognitiva rientra nelle esclusive competenze dell’autorità giudiziaria ordinaria”.
Posta l’esistenza di orientamenti contrastanti sul punto, anche a voler ritenere che il Notaio accetti di ricevere una dichiarazione circa le ultime volontà del defunto, riteniamo sia più opportuno privilegiare l’interpretazione approntata dalla Corte d’Appello di Brescia rispetto a quanto stabilito dalla Suprema Corte e ciò per un duplice ordine di motivi. In primis, la competenza del Notaio non può estendersi sino ad accertare l’effettiva e reale esistenza del testamento orale e la relativa corrispondenza a quanto riportato dagli eredi e/o legittimari, poiché tale accertamento è riservato all’Autorità giudiziaria. Inoltre, è elevato il rischio che, una volta data esecuzione alle volontà del de cuius, gli effetti del testamento nuncupativo vengano posti nel nulla con efficacia retroattiva qualora un qualunque interessato decidesse di agire giudizialmente per l’accertamento della nullità ed inesistenza del testamento stesso.
In conclusione, possiamo affermare come la redazione di un testamento sia atto che richiede il rispetto di un articolato complesso di regole. Se il disponente non è sicuro di poterle rispettare potrà affidarsi ad un Notaio; se ritiene di avere sufficienti nozioni, stenda pure il testamento olografo, avendo cura di rispettare i requisiti richiesti per evitare che, a causa del loro mancato rispetto, la volontà dispositiva del proprio patrimonio venga soppiantata dalla successione ex lege.